• Storia folle in morte violenta d’un capretto

    Non ha logica riportare i fatti, ma narrare partendo dall’esordio è forse vano tentativo nel preservo disperato di quel poco che giace ancor illeso della mia psiche, molestata ferocemente dal mondo perverso e dall’inspiegabile sanguinaria storia che in esso s’ambienta.

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  • Ad Apleda, il cimitero degli infermi

    V’era sporadico lume, 
    impazzivano gli infermi,
    fatti santi del disfatto, 
    devastati dal malanno,
    dacché su lugubre marmo,
    giaceva incolume e rovescia la croce. 
    Violentavano streghe su roghi d’oppiacei,
    estirpavano fiori da lembi di ventri di morti infetti,
    deturpavan le pietre dei freddi letti in nome d’una vocazione,
    quella unica d’orrenda egoistica salvezza,
    prode ebbrezza v’è nello sterminio?

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  • A Mara Cagol, primo manifesto sulla lotta Armata

    Alla caduta di Mara, ultimo fiore d’un moto di protesta legato alla voce stroncata di giovani generazioni.

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  • Decadenza dei fiori, per i sogni bastava un diploma

    Tal che sia una generazione tanto morta perché figlia d’altrui iniquità.
    Giovani pretese vann in critica d’abbandono. Vecchie gerarchie sbiadiscono in odio del figlio, illogico. (altro…)

  • Lingua Molestia

    Termine molesto, 
    censura morale di codesto 
    incrinato corroso cantico,
    in crisi d’operato morboso dolore.

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  • Amedeo Modigliani, l’arte come grandezza dell’impulso contro la dannata decenza della massa

    Modigliani in fede manifesta della bruttezza d’esistere. Cresciuto tra le rues di Livorno, in contesa d’ascesa fin al cuore dell’arte francese e mondiale. Morto in povertà dell’incompreso. Miseria è germinare controcorrente, distante dai canoni della realtà schematica che nei quadri del primo dopoguerra, sua epoca designata, imperversavano per le strade d’Europa.

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  • 2. L’Antico emporio di Tossine al colle Palatino 

    Locusta s’erse come mistero plurimo. Un’ombra fu, mezzo d’acuti delitti al potere coinciso, dedita all’unica devastazione che il suo aver beffe del governo d’uomini portò tra le colonne dei palazzi, tra troni d’oro del senato incerto, finché fu a dirsi predisposta nell’espandere veleno tra mordace pretura. Vide molti dei pezzi di sesterzi, raffigurazione di sigle come la sc poste sui bronzi, dell’usura il contenimento, ed ancora il passato rinnovo del Tempio della Concordia e dei Dioscuri. Statue colossali degli Augustales le fecer disgusto. (altro…)

  • Piombo nelle arterie

    M’avveleno di Piombo, zucchero di saturno.
    Sangue d’interiora è riverso al suolo del raccapricciante degli eccessi a protrarmi in confuso, a tenermi distante dal vero colpevole del mio martirio, cementato in pareti del decesso d’uomo qual sono, in rivalsa del dannato. L’anima incerta che si cela dentro carne di dubbia etica, perversa sul credere di poter possedere un giorno potere d’acquisto senza piegarsi all’ignobile dei soprusi intellettivi da ogni luna stimolati. Il Piombo è fatto per distrarmi, disarmarmi di freni e mole, al fine di poter ancor sentire luce in occhi a non più splendere da quando s’è insinuato in me la critica, a disgustar la voglia. (altro…)

  • 1. Locusta, giunse veleno tra i palazzi di Roma Augustea

    V’era in Gallia, ai tempi di Tiberio, una bambina dai natali in segno d’intima violenza legata alle origini. Storie d’italici conquistatori fomentarono il ridisegno volto alla perversione d’una delle menti più congenite al veleno mai vedute in epoca d’antico umano livore. La bambina crebbe per foreste d’ombre vissute. Dalle piante ricavò affetti, dal legno degli arbusti protezione alle ingiurie. Terra feroce per lei in un corpo di minuta compostezza. Il cielo fu d’impossibile arrivo, la terra produsse all’odio dominato arbitrio. Ed ella fruiva di macabro immaginario. In ciotole di legname poneva miscuglio d’un nero liquame. (altro…)

  • La bassa qualità dell’arte al mio presente

    In completa insensatezza ritrovo l’esistere.
    Non per modo ho malessere nel ritrovo d’una qualità eccelsa in visione d’un classicismo obbligato, eppur che credo d’essere io parte del prodotto, al quale, però, non m’assimilo. Sono io cliente, in rispecchio della classe alternante a merce fatta per acquietare necessità di chi s’addolora di niente. Tal però ostilità non è placata dall’acquisto, egli solo rivolta il vedere, l’analisi, ad altro, distraendo e conducendo ingegno in disattenzione, a non più consapevolezza di sé, focalizzando sostanza all’inutilità materiale, associata alla brulla terra spoglia d’incerto. (altro…)


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