Il mito di Sophia, la Maddalena Apocrifa 

La setta gnostica segna frammentazione di fede, incisa d’un sapere occulto che si propaga in secoli bui di dubbia etica. Sophia, madre d’errore, femmina genitrice d’eretico idioma di caos malato, s’addolora nel riflettere su quel che ha smarrito in luce. La sua storia è di coscienza azzardo, affascina nelle virtù di lei che non rimpiange. Di quando dal suo grembo andò a propagarsi nel mondo materiale ed inferiore quel male che è della stessa luce, posto in alto tra gli astri, caduto a picco nell’abisso d’acque immorali, presidiate dall’Inganno, da tenebre di spore ancor non nate. Ha peccato ella, eone primordiale, non donna di carne, ma essere celeste, di violenta necessità d’apprendere, quindi vittima, da sé, di vizi degli impuri.
La voglia immane di sapere, d’avere anima incisa da curiosità d’impossibile quiete, è condanna dei giusti.


Il suo mito che si lega ai tanti Eoni del Pleroma, così chiamata è la pluralità d’ogni essere della luce, ad occupar col proprio ardore la chiarezza dell’esordio. Il suo respiro è prigionia d’angeli. Il susseguirsi d’errori d’etica sin a giungere, forse, a divenire lei stessa quella Maria di Magdala, meglio conosciuta poi coma la sanguinaria Maria Maddalena, prima seguace.
Fu il principio.
Gesù che deride i suoi discepoli dalla lor pia mancanza di sapienza.

Un giorno era con i suoi discepoli in Giudea, e li trovò riuniti assieme e assisi nel pio rispetto. Quando si avvicinò ai suoi discepoli, riuniti insieme assisi ed offerenti una preghiera di ringraziamento sopra il pane, Lui rise.
I discepoli gli dissero, “Maestro, perché stai ridendo della nostra preghiera di ringraziamento? Abbiamo fatto ciò che è giusto”.
Egli rispose dicendo loro: “Non sto ridendo di voi. Perché non state facendo ciò per vostra volontà ma perché è attraverso di questo che il vostro Dio sarà onorato”.

(Vangelo di Giuda, Apocrifo, 130-170 d.C circa)

In attesa dell’umana assolta redenzione, un dio falso si nasconde a detta del mondo di materia, egli s’associa, forse, al nome del Demiurgo, la cui origine nefasta è in simbiosi con la ricerca espressa della gnosi. Ed è lui che inganna il prossimo in favore dell’eccesso a dar sfogo alla sua indole nefasta, propria d’ogni essere legato alla terra. Il Messia è interprete della menzogna, l’incanala in suo saper condiviso alla gracilità, col fine d’elevarli alla luce. Pensa, loro che hanno colpa a poter dire un giorno d’essere salvi.
Pur per quanto vogliate soffocare il male vostro, curiosi siate d’ignoto.
Gesù, profeta della Genesi, ed eone celeste, san bene di quale infermità sia afflitta l’umana gente per questo egli, Cristo, a detta del culto gnostico, sta ben ad indicare di non derider egli la debole carne. Sarebbe tal da ipocriti beffar fragilità, i condannati, uomini del mondo della materia, nato per errore dal peccato di Sophia. Non conoscono loro di star adorando un dio tetro, nato in errore.
Uomini sono oggi e saranno all’apocalisse, da non posseder certo la forza di fronteggiare il dolore originato dall’aborto degli Eoni. Posseggono, però, una particolar autorità in loro intimo male, capace di redimerli. La Luce scissa dall’essere di Sophia. Ogni creatura è spinta a conoscere, sta al suo spirito esser giusto e far del dolore del Demiurgo propria lode e prosperità.
Che allora s’intende per falso dio?
Esseri quali imbrogliano di dire una politica che non fa fronte al necessario, ma sol alla propria prosperità, nati aborti. D’esistenza volta al solo persistere, vuota come lo sono le loro parole. Già nel Timeo, Platone deride il tempo di suo, che è invenzione del maledetto Demiurgo, forse Satana per cristiano dire, ma immagina tu tal portata d’una cultura eccelsa che fa fronte al peccato d’origine. La sola voglia di farsi fruitore dei segreti dell’esserci, riportata alle umane pulsazioni del presente nostro, questa è, forse, liberazione. Dal dolore ella nasce nova, rinnovata in meglio perché abile nell’intender buio.
Possiamo noi reggere tal energia, riposta in nostro spirito, in caso fossimo pronti a farci interpreti della gloria?
Il tutto che ha origine dall’uno, forse cifra del Pitagora, del Tutto è numero, analogie ricercate in costanza d’una storia che s’avvede d’unire culture, culti distanti e vita. Per la gnosi essa è la Monade, l’eone primo, il dio di Luce, il giusto, esteso in sfera della conoscenza del principio, di non possibile comprensione per chi nato mortale.
La Monade è unica, sola.
Nel tempo, emanò gli Eoni, i celestiali, esseri composti da due distinte parti, una parte maschia ed una femmina. Esseri a sé stanti, in potere d’emanare vita unendosi tra loro parti designate in origine. Amore e psiche, coniugi di due anime in solo, affetto del sapere incide nuovo respiro, forma le sizigie, coppia dell’illimitato, vive nella fusione costretta. Gli esseri dell’origine, s’addensavano nella gloria formando il Pleroma, regione della luce. Chi parla di trenta eoni, gnostiche sette in legame con l’arcaico cristianesimo, chi di cifre più esigue; infatti, che quelli a loro volta andavano emanando altri simili, sempre progredendo in unione. Platone, nei discorsi del Simposio, già che parlava di tali fusioni a far della gioia arcaica.
I primi esseri erano completi ermafroditi.
Allor, che forse ciò è la chiave in adozione per la materia di farsi forte, al presente a cui io parlo, ritornare allo splendore dall’unione dei molti, dalla pace e dal ripudio del conflitto in favore d’un sapere d’integrità coincisa ella ad una natura violenza, quanto lo fu la terza Maria dinanzi al sepolcro.
Maddalena sta per nascere dacché l’ultima degli eoni, Sophia, il cui sizigie associata era designato come l’eone Cristo, era venuta al mondo in recente perdizione. Collocandosi al fondo della stirpe, giaceva ad un passo dalla bassa materia. Sophia è il conoscere, l’ardire alla prosa della Genesi. Ella solo ambiva a provare come il padre, la Monade, potesse aver tanta forza lì confinato alla gloria, al di sopra di tutta l’esistenza dell’oggi, prossima a dirsi, e star da solo, mentre gli Eoni dovevano, costretti, unirsi con chi di loro dominio per farsi luce.
Il segreto d’essere potenza del creato, pur rimanendo isolati in suo dire, spettava solo al singolo, Monade sostanza di tutto.
Allora Sophia decise di generare senza chiedere d’unirsi all’Eone Cristo, sua parte maschia. In contatto lei col grezzo della carne, il gradino più sottomesso della luce in cui nacque vincolata all’aurea graduatoria, lì dove le acque andavano in concomitanza con il vuoto dell’abisso, ebbe da definire il suo parto.
Generò da sé, senza nessuno accanto, e fu la sola a farlo.
Ebbe allora in grembo il falso Dio degli apostoli, l’aborto, l’errore, mezzo-eone, non nato dal dualismo della gloria, ma dalla spregiudicatezza d’una d’essi. Una creatura mostruosa, d’indole malvagia, avversa alla stirpe d’un cosmo arcaico, ignoto, gremito d’irrisolti quesiti. Al sol voler sapere come attingere a quella Luce tanto adorata, il suo aborto ebbe nome di Demiurgo. Il caos s’ordì dal presente andando a investire di dolore la carne e lo spirito dei suoi fratelli. Successe che gli Eoni, legati in decisione unanime, allontanarono violentemente l’aborto, scacciandolo dal Pleroma. Egli, secondo Gerarchia, non poteva far parte di loro, dacché il Demiurgo cadde riverso alla terra degli uomini.
Sophia diede natali alle tenebre e in esse sprofondò dannata, il suo essere devastato dal sadico esporsi. Un figlio del dolore nato da lei che fu clemenza, con solo la colpa d’essersi sporta ai confini dell’artificiale armonia. Forse che il suo essere fu esiliato in tanta luce così suddivisa a determinare quella tale unicità che ogni uomo possiede in sua intima condanna, mai potremmo saperlo.

Essi dissero: “Maestro, sei il figlio del nostro Dio”.
Gesù rispose loro: “Come mi conoscete? In verità Io vi dico che nessuna generazione di genti che sono fra voi mi conoscerà”.
Quando i suoi discepoli udirono questo, cominciarono ad arrabbiarsi ed infuriarsi iniziando a bestemmiare contro di lui nei loro cuori. Quando Gesù capì la loro mancanza di comprensione, disse loro: “Perché questa agitazione vi ha condotti alla rabbia? Il vostro Dio che è presso voi vi ha provocato per turbare le vostre anime. Chiunque di voi che è abbastanza forte fra gli esseri umani metta in evidenza l’umano perfetto e si ponga davanti alla mia faccia”.
Tutti dissero: “Noi abbiamo quella forza”.
Ma i loro spiriti non osarono levarsi davanti a lui, tranne Giuda Iscariota. Egli era in grado di porsi davanti a lui, ma non poteva guardarlo negli occhi, e girò quindi la faccia.
Giuda gli disse: “So chi sei e da dove sei venuto. Tu provieni dal regno immortale di Barbelo. E non sono degno di pronunciare il nome di colui che ti ha mandato”.

(Vangelo di Giuda, Apocrifo, 130-170 d.C. circa)

Il regno di Barbelo, famiglia degli Eoni. Giuda intendeva d’origine del maestro ad istruirlo sulla conoscenza, peccato d’esordio del male, conosceva chi fosse. Tale era, Gesù, denominato Rabbi, forse L’Eone Cristo, sigizia della perduta armonia di Sophia, inviato dalla Monade per istruire gli uomini di ritorno allo splendore, combattere il Demiurgo. Giuda, in storia degli Apocrifi, non tradì il suo maestro, ma eseguì di lui il comando d’essere consegnato ai romani, mezzo deciso per ascendere al cielo. Giuda fu, probabilmente, il più amato tra loro che lo accolsero, capace sì di porsi dinanzi a colui che tanto splende, ma girando il capo che ancora fu indegno di contemplare occhi dell’abisso.

Guardate Dio ha ricevuto il vostro sacrificio dalle mani dei sacerdoti che sono ministri usurpatori. Ma è il Signore, il Signore dell’Universo, che comanda, e l’ultimo giorno saranno messi nella vergogna”.

(Vangelo di Giuda, Apocrifo, 130-170 d.C. circa)

Da che, forse, tu recepisci attendibilità tua unica agli Apocrifi, queste tali sillabe son messe in concomitanza alla parola di Cristo, la sua veracità che si fa discussione, ma tal è fonte del dialogare tra i dotti, ed è bello quanto giusto. Parlami tu di quanto è affascinante sentire dubbio. La chiesa del non sfarzo, dell’abuso di potere e ricchezza che va fondandosi su templi di pietra, coordinata da ministri usurpatori. Amare la fede in conoscenza è forse più prospero del credere incerto. Domandarsi motivi. Sophia, tu che fra poco divieni Maddalena, sei in me come nei molti che si fanno curiosi. Distratti dal loro male, s’arricchiscono coi mezzi per affrontarlo. Essi non si voltano all’avvento, non rifiutano il dolore, dei sapienti alleato, son pronti ad esserci per il male del quale si fanno interpreti ed amanti.
La salvezza dello spirito deriva in simbiosi d’intelletto con la sola conoscenza, in contrapposizione alla fede dogmatica dei cristiani derivati da Pietro, ed ecco che allora la gnosi si fa onniscienza. Unica fonte di gloria è sapere, ma tal dimostra la storia dell’Eone Sophia, che osservando la potenza primordiale del tutto, ogni essere, che sia celestiale o non, rimane folgorato da tal prosperità incomprensibile dagli ultimi, gli imperfetti.
Allora che Luce è la tua, Monade? Vuoi segreti tutti per te?
Tu che hai forza non condivisibile per nostre fragilità espresse da un tuo errore, perché, di tua sostanza, hai dato forma al peccato di Sophia, imprimendole tormentata voglia di sapere a cosa può ambire la sua grandezza per poi farla sprofondare inerme, condurla a perdizione, cella di chi osa. Allora che è certo la nuova Luce che s’erge dallo sconforto. Troppo a lungo il genere umano giace incolume incatenato alle tenebre sue, forse è tempo d’ascendere alla Sophia, del tutto il sapere. Conoscenza dell’ignoto tuo esistere, Monade.
Hanno per loro simbolo del serpente, forse generato da lei per indurre al peccato i primi uomini, Adamo ed Eva. Salvarli dal giacere in eterno nell’ignorare quanta gloria può contenere l’uomo che si fa onore sapendo quanto male si celi, paradossalmente, nella luce che lo genera in catalessi. Allora che tanto vale sprofondare nel caos a cui indissolubilmente s’è condotti, se di poco ci s’avvicina al sapere. Tanto vale farci noi nutrimento dei frutti proibiti al non giacere come plebe del creato, al sol confine della merce e delle cifre da noi ideate per controllo d’ambizione dei molti.

«Ma essi rimasero tristi e piangevano forte. Dissero: “Come possiamo andare dai gentili e predicare loro il vangelo del regno del figlio dell’uomo? Là non è mai stato dispensato, dobbiamo dispensarlo (proprio) noi?»

«E Maria Maddalena: “Non piangete, fratelli, non siate malinconici, e neppure indecisi. La sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà. Lodiamo piuttosto la sua grandezza, avendoci egli preparati e mandati agli uomini.»

(Vangelo di Maria, Apocrifo, 120-170 d.C. circa)

Chi eri, tu, Maddalena?
Che il Cristo, forse, negli Apocrifi, dopo la Resurrezione, rimase undici anni nel mondo della materia per istruire suo fratello Giacomo al comando del Credo, invece dei quarantini giorni di quaresima, così poco per istruire i suoi discepoli. Ancora Pietro, di mal interpretazione dei suoi comandamenti, s’appropriò del trono. Nel Vangelo di Maria proprio di tal contesa tra la nobile Maddalena, sua amata fedele, e Pietro l’apostolo, si va enfatizzando l’eccesso. Il messia è asceso al cielo dopo aver diffuso tutto del sapere suo, fino a rendere necessaria il rientro alla gloria per dialogar con gli Eoni, apprendere ancora dalla loro luce e diffonderlo agli uomini in loro salvezza, come, forse, Prometeo fece con la prima fiamma. Allora maestro di fede non è primo sole. Non ebbe, infatti, a quel tempo, l’intera sapienza per parlare ai tanti. Amare l’umanità a suo modo. Non mai si finisce d’apprendere pace. Ha dato egli predisposizioni per la salvezza, ma ancor tanto non sa.
Il ritorno è annunciato, l’uomo lo attende. Sarà la gnosi.

“La materia diede origine a una passione senza uguali, che procedette da qualcosa che è contro natura. Ne venne allora un disordine in tutto il corpo”.
“Per questo motivo vi dissi: Fatevi coraggio! Se siete afflitti, fatevi coraggio, in presenza delle molteplici forme della natura. Chi ha orecchie da intendere, intenda”.

(Vangelo di Giuda, Apocrifo, 130-170 d.C. circa)

Sophia tu dove t’annidi? Sei forse quello spirito santo a cui egli s’unisce in voga del conoscere? Sei la luce scissa e immersa in ogni essere al fine d’evadere dalla coscienza terrena ed imperfetta per ascendere come chi si fece giusto per gli ingiusti? Fosti tu la sua prima seguace, colei a istruire Giacomo, a ripudiare Pietro e la sua mal comprensione di quegli insegnamenti, la sanguinaria Maddalena? Di te donna che sei figlia d’importanza come ogni seme del male, tuo solo è, forse, suo segreto della creazione. A te, unica martire, egli lo confidò in amore.

Riguardo a queste stesse cose parlò anche Pietro. Egli li interrogò in merito al Salvatore:
“Ha Egli forse parlato realmente in segreto e non apertamente a una donna, senza che noi lo sapessimo? Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei? Forse egli l’ha anteposta a noi?”.
Maria allora pianse e disse a Pietro:
“Pietro, fratello mio, che cosa credi dunque? Credi tu che io l’abbia inventato in cuor mio, o che io menta riguardo al Salvatore? “.
Levi replicò a Pietro dicendo:
“Tu sei sempre irruente, Pietro! Ora io vedo che ti scagli contro la donna come fanno gli avversari. Se il Salvatore l’ha resa degna, chi sei tu che la respingi? Non v’è dubbio, il Salvatore la conosce bene. Per questo amava lei più di noi. Dobbiamo piuttosto vergognarci, rivestirci dell’uomo perfetto, formarci come Egli ci ha ordinato, e annunziare il Vangelo senza emanare né un ulteriore comandamento, né un’ulteriore legge, all’infuori di quanto ci disse il Salvatore”.

(Vangelo di Maria, Apocrifo, 120-170 d.C. circa)

Pietro, che tu giudichi senza sapere, fatti eretico sulla sommità d’una chiesa che non dubita, non perdura nella gnosi, ma in sol quello, dopo Nicea, da far comodo a voi al comando, a voi a rendervi Monade, luce, in glorificazione del solo, in morte dell’unione, etica quanto la prima più nobile delle virtù, ma siete uomini, mortali come il suolo su cui andate riproducendovi, non Eoni celesti, fatene ammenda.
Maddalena fu, per lui, amata più della tua discendenza. Non so dir se tale fu vera ipotesi tanto remota dal tempo in cui il cuor mio s’interroga, ma dubito come fa il dotto da me distante e vigilo di non giudicar intese, idee a me parse ignote, probabile di per sempre lo saranno a causa del tempo malevolo, creazione del falso dio, corpo reso mortale dal Demiurgo dell’aborto di lei, dall’errore.
Cadrò prima d’intendere il tutto, ma Sophia sa dell’avvento. Il primo suo passo verso un domani di radioso credere, ad illuminarci d’immensità perpetua, solo a enfatizzare la curiosità di noi dannati. Impara da chi s’è reso grande. Fu lei la prima a disobbedire alla gerarchia, stanca d’ignorare il buio. Che venga il dolore a fede dell’incastro, che venga gioia nel comprendere le tenebre, che ci sia male per spronarci all’immenso. In gloria eterna, la carne è neutra, malleabile, vittima e condannata all’inutilità della sua natura. Il dolore è grande per i forti a restar dinamici su questioni del regno proprio. Maddalena indica il cammino, di come errare fino alla Monade, mai peccato è così essere umani, uomini dalla voglia di sapere cos’è giusto. Ci sarà luce fin quando il forse sarà presente in noi del dubbio, di come Sophia sapeva del male e volle esplorarlo, rinunciando all’imposizione della gloria degli Eoni e dell’universale moria. A lei solo, Cristo, proveniente dal regno di Barbelo, concesse segreti. Tu che ora condanni la distanza dalle tue credenze, Pietro, reputandole solo bestemmie, impedendo ascesa al sapere, obbedire senza chiedere come. Cultura è amore per la materia, impura quanto lo fu Maddalena, corpo mortale di Sophia Eone, ribelle all’aristocrazie, tanto adite all’armonia illusa, malate nell’imposizione.
Ogni dubbio è giusto. Dubbi eretici.

Giuda disse a Gesù: “Allora, che cosa faranno quelli che sono battezzati nel tuo nome?”
Gesù rispose: “In verità ti dico, questo battesimo vi segnerà con il mio nome e vi porterà a me. Ma tu li supererai tutti perché sacrificherai l’uomo che mi riveste. Già il vostro corno è stato alzato, la vostra collera è stato accesa, la vostra stella brilla intensamente, ed allora l’immagine grande della generazione di Adamo sarà innalzata, per prima al cielo. La terra e gli angeli, quella generazione, che proviene dai regni eterni, esiste. Vedi, hai sentito tutto. Alza in alto i tuoi occhi e guarda la nube e la luce all’interno di essa e le stelle che la circondano. La stella che mostra il cammino è la tua stella”.

(Vangelo di Giuda, Apocrifo, 130-170 d.C. circa)

Aver male è necessario.

 

La croce a “tau” sormontata da un serpente, simbolo della conoscenza occulta nel cristianesimo gnostico.

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