Lembi dal Fiume

D’acqua decomposta,
dagli abomini in strati contesa,
alla illusa decenza lesa,
del fondo è pretesa ora la violazione.

E deformi miriadi,
di rimpianti detriti,
stagnano nell’original Rione.

S’immola l’ode al’Io del giorno,
ch’egli non più al tetro, certo, si palesa.
Alla notte, v’è un altro a veder cosa risale,
che dei suoi passati cenni corrotti, or v’è resa,
riemergono tutti i pezzi.

Riaffiora primo lembo dal letto spento,
bolle, ma poi si restaura quieto,
non distinguo, incerto in noi annaspo,
il bosco è fermo, dacché è orrore quello,
dalle striature della cute viva mi deteriora vorace.

È carne, ora ha senno,
arti, organi ed epidermide poi,
un sepolto carcame,
s’annidava al nucleo d’acqua tanto stretto
che in noi sentirlo, m’avvedo quanto infame.
Perché tratteneva?

Non rivelo del defunto le iridi,
non è salma, né accorta sepoltura,
è violenta congrega incosciente
ad averlo brutalizzato tra il fogliame,
e gettandolo morto nell’umano catrame,
ne ha mutilato le parti.

Frammenti plurimi ancora,
silente decomposto buio fiume non c’allieta,
sta deridendoci, difetta d’umana natura,
è limbo d’incesti sanguigni martiri,
maligno dall’acqua illogico liquame riaffiora. 

Giovanni da Modena, Inferno. Cappella Bolognini 1410



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