Lucia non sopportava Sara e se ne vergognava, non perdonava sé stessa di non riuscire ad accettarla nel nuovo ruolo che avrebbe ricoperto nella sua vita. Ancora di più non sopportava le strane circostanze che sembravano tutte convergere a dare ragione alle paranoie insensate di Vittorio, che sorrideva compiaciuto. Così si sentì ardere dentro, ma si pose il freno di controllare l’istinto. Il terrore di tutti i pezzi che andavano componendo un quadro criptico e totalmente irreale e l’astio che questi stavano supportando la follia di Vittorio composero un mix letale, difficile da digerire. La nuova arrivata stava in piedi sorridendo e mostrando la dentatura bianca e compatta, retta di fianco a Sara. Le due si somigliavano nell’aria sfacciata e compiaciuta che portavano impresse in volto.
– Di che parlate voi piccioncini?
– No, noi…
Lucia e Vittorio avvertirono un disagio lancinante. Si guardarono senza saper cosa rispondere a una frase tanto intrisa di veleno. Sara si accorse certo dell’imbarazzo.
– Dai, sto scherzando! – disse e si avvicinò al ragazzo.
– Ah, si!
– Come potresti puntare a rubarmelo, Lucia? È una tale schifezza quest’uomo! – esclamò Sara e così baciò Vittorio sulle labbra, poggiando due calici sul bancone e l’altra donna posò il suo.
Il ragazzo sentì il fuoco della vergogna e dell’eccitazione impresso sulla pelle.
– Non vi ho presentato la mia nuova amica, Ioana.
Sara introdusse la sconosciuta per poi poggiarsi sfacciatamente sulle gambe di Vittorio e sistemarsi la gonna e le calze.
– Abbiamo già avuto il piacere. – disse Ioana in tono scaltro rivolgendosi a Vittorio che annuì, ma che restò vigile ed attento.
– Invece questa splendida fanciulla chi è? Molto piacere!
– Piacere mio! – Lucia tentò di nascondere il disgusto che quella viscida presa le provocò.
– Che splendore che sei!
Ioana la fece roteare come una danzatrice di valzer. Lucia osò una risata obbligata, ma dopo quella calò il silenzio più tombale. La scena fu surreale, lo era davvero. Il forte imbarazzo che premeva sulle quattro figure era evidente, tranne che su di Ioana che urtò la felpa nera di Lucia facendola cadere in terra.
– Come? Cioè come… – balbettò Vittorio che non si spiegava quella strana accoppiata dinanzi a lui.
– Oh, al bancone! Stavamo prendendo una cosa al volo e Ioana si è fermata a parlarmi.
– Ah sì? – chiese Lucia diffidente.
– Ah sì? – replicò Vittorio in sospetto e rivolgendo a Lucia un’espressione di sgomento.
– Eh sì, come potevo non essere attratta da questa sensualità? – domandò ironicamente Ioana con presunzione indicando Sara Michielli.
– Senza nulla da togliere a tanta bellezza, ma questa ragazza è sexy davvero, no? – la donna scosse le spalle di Lucia che si sentì strattonata da una forza mai avvertita prima, oltre ad un cuore ferito dal saccente paragone dell’estranea.
– Oh, sì, puoi dirlo! – Vittorio cercò di apparire distaccato e in equilibrio con i nuovi eventi. Lucia lo squadrò male. Il giovane le fece un occhiolino sporadico per dirle di stare al gioco.
– Ah, e sai amore, come mi ha approcciato? – Sara si rivolse a Vittorio stando ad un palmo dal suo viso
– Dai non dirlo, ragazza!
– Come?
– Mi ha visto con te e mi ha chiesto se ti conoscessi. Riesci a crederlo?
– Ah, certo! – Vittorio riguardò Lucia che negò con la testa ogni coinvolgimento nel suo malato complotto. Sara dovette accorgersi dell’intesa illogica tra i due amici perché prese il viso del ragazzo tra le mani e se lo avvicinò ancora di più.
– Ti ha rivolto un sacco di apprezzamenti!
– Ah, quanto ti invidio! Hai un bell’uomo al tuo fianco. – disse Ioana sghignazzando e si passò le mani sui fianchi.
– Ehi, occhio a come parli del mio ragazzo!
– Altrimenti?
– Altrimenti ti uccido.
– Non riusciresti. Ti sgozzo come un maiale.
La violenza delle parole di Ioana immise un’espressione di incredulità nei volti dei protagonisti, ma poi le due risero così tanto da far sparire l’incompreso e sostituirlo col fastidio. A Vittorio sembrò di aver assistito ad una scena programmata e male recitata. L’assurdità grottesca di Bar Rebbia si consolidava ancora.
– Che puttana! – disse Sara ormai invasa dagli spasmi a causa delle risate.
– Vieni qua che ti abbraccio!
E così si strinsero in una presa riparatrice.
– Oh, Cristo di Dio! – interruppe Lucia nel lamento, irritata dalla malata appariscenza delle due.
– Come?
– No, nulla. È mio quel drink?! – chiese rivolgendosi a tutto il suo disgusto interno al fine di controllarlo e non darlo a vedere.
– Sì, certo, amore, è tutto tuo. L’ho preso per te! – rispose Sara e fece scivolare uno dei tre calici in direzione di Lucia che lo afferrò con sicurezza osservando lo strano liquido viola al suo interno.
– E sai cosa le ho risposto? – continuò Sara.
– No, cosa le hai risposto? – le domandò Vittorio.
– Quello è il mio ragazzo, puttana!
E le due risero ancora fino alle lacrime stavolta e per tre minuti incessanti. Ioana dovette mantenersi il ventre.
– Cioè, capito? Voleva approcciarti!
– Le serviva un cliente. – rispose il ragazzo con aria risentita.
– Eh, sì! – si placò Ioana.
– Posso sedermi un attimo con voi, ragazzi? È dura trasportare tutto questo ben di Dio! – e senza aspettare la risposta dei tre prese uno sgabello e si adagiò sopra ansimando dalla contentezza, indicando il suo petto.
Lucia sentiva un fastidio tremendo alla testa e intanto continuava a roteare tra le mani il bicchiere appena ricevuto stando in piedi. Vittorio le teneva gli occhi addosso con angoscia.
– Dai ragazzo, dì la verità. Se non fossi occupato con questa bomba sexy, avresti pagato il servizio della dolce Ioana?
Vittorio distolse con preoccupazione lo sguardo dalle mosse di Lucia e spaesato per un attimo, tornò alla sua lucidità di sempre.
– Ovvio, infatti ti ho detto che ti avrei raggiunta dopo. – rispose il giovane.
A questo punto, l’espressione di Ioana si fece maligna. Le sue ciglia intagliate si inarcarono in un modo innaturale, ma sembrante in estasi e sorpreso estremamente, mentre Sara mostrò una delle espressioni più acide da lei mai adoperate.
– Cosa le hai detto?! – esclamò Sara e il suo corpo scattò sugli attenti sopra quello di Vittorio.
– Che l’avrei raggiunta dopo. – ribadì con indisposizione.
Lucia non sapeva se bere o no. L’assurda situazione l’aveva ormai fatta crollare di netto a dar credito al complotto di Vittorio e, in ogni caso, voleva godersi la scena. Sara sembrò tanto turbata e impaziente di darsi sfogo.
– ma sei uno stronzo! – si alzò di netto e picchiò più volte e ferocemente contro il braccio di Vittorio che non si mosse di un millimetro. Ioana e Lucia rimasero in un silenzio di tomba a causa del tonfo assordante che produssero i colpi che Sara inflisse al suo ragazzo. Alcune facce indispettite si voltarono nella loro direzione.
– Perché cazzo devi fare sempre così?!
– Sara, devi controllarti. – le disse Vittorio pacato e freddo.
– Io devo cazzo controllarmi? Tu lo dici a me? Che stavi per spaccare la faccia a quel tipo a caso?! – disse e gli sferrò uno schiaffo al viso.
Lucia non seppe cosa fare. Si spostò in avanti con l’intento di allontanare Sara che ormai sembrava fuori di sé, ma non le parve una buona idea data la fermezza del compagno. Stava chiedendosi perché Vittorio si comportasse così. Cosa voleva ottenere da quella provocazione insensata? Perché Sara era tanto nervosa? Lucia non voleva però ammettere che la domanda di cui le premeva di più sapere la risposta, fosse: Lui l’ama davvero? A questo punto, sperava di no. Insomma, che cosa potesse mai trovarci Vittorio in tanta superficialità di azione e pensiero?
– Dai ragazzi, non litighiamo! Siamo in pace. – Ioana cercò di sedare gli animi, ma era evidente che tanto si divertisse nella consapevolezza di aver provocato quel caos.
– Ora vuoi tradirmi con le zoccole?
– Ehi, andiamoci piano con le parole, dai! – Ioana esibì offesa.
Sara era una furia incontenibile. Vittorio mostrò una clemenza che difficilmente Lucia gli avrebbe associato mai. Che stesse facendo tutto questo per mostrarle la propria compostezza mentale? Per mostrarle che non fosse affatto impazzito e che i suoi dubbi irrazionali erano legittimi? Lucia ci rifletteva e intanto Sara perseguiva nella sua scenata di angosciosa gelosia. Vittorio scelse uno dei due drink rimanenti e se lo portò alla bocca.
– Andiamo, prendi un bicchiere!
Sara si fermò. I due si studiarono. L’atmosfera tanto tesa si freddò all’improvviso.
– Non ho più voglia di bere.
– Allora andiamo a casa! – propose Vittorio.
– Non voglio andare a casa.
Sara si era tranquillizzata in una tanto rapida maniera da definire tutto il suo carattere instabile e cruento che appariva, ora, molto più in alto nei livelli di imprevedibilità che potesse mai raggiungere un’anima, comunque, instabile, come quella di Vittorio. Forse era l’unica cosa che i due avessero davvero in comune.
– Allora bevi e rilassati.
Vittorio, con un movimento della mano, cambiò il drink con l’altro che era prima adagiato sul balcone. Il primo era rosso, il secondo di un colore azzurro intenso. Vittorio stava testando Sara in ogni movimento, ora Lucia ne era sicura. I suoi sospetti erano palesati. Lucia guardò il suo bicchiere retto in mano e il liquido viola che si mescolava a un piccolo strato di pellicola visibile. Nel suo polso batteva ogni senso di frustrazione mai avvertito. Decise di partecipare alla messa in scena.
– Dai, sì, beviamo e non ci pensiamo! – disse Lucia con illusa aria distratta.
Vittorio continuava a tenere il braccio teso in direzione della sua ragazza.
– Voglio l’altro. Quello rosso! – esclamò Sara.
A queste parole Lucia e Vittorio si dimenarono quasi in contemporanea.
– A me piace più il rosso. – rispose Vittorio.
– ma cos’è questa roba? – chiese Lucia per spezzare l’ansia del momento esaminando il bicchiere che reggeva in mano e il suo contenuto con la speranza remota di ricevere una risposta.
– Perché cazzo devi decidere tu per me?! – gridò Sara in piena crisi isterica contro Vittorio, ignorando completamente la domanda della ragazza.
– Sono tutti uguali. Cosa cambia?
– Come facciamo a dire che è uguale se non sappiamo cosa beviamo? – interruppe Lucia sorridendo in tono obbligato.
– Già. – rispose Vittorio dando credito al dubbio dell’amica.
– Tu non decidi per me!
– Devi imparare a controllarti, Sara!
– Tu non decidi per me!
– Non voglio decidere. Ho solo detto che preferisco il rosso.
– Stai zitto!
– Oh, mio dio! Scegliete un cazzo di bicchiere e basta!
A questo punto, Ioana si impose in tutta la sua massiccia prontezza. Sradicò il primo bicchiere dalla mano di Vittorio e lo vuotò tutto di un sorso e così fece col bicchiere sul bancone, per poi scaraventarsi contro Lucia per ingurgitare anche il suo drink. Infine, ruttò soddisfatta.
– Che donna interessante! – un tono ironico e familiare emerse dalle retrovie.
Andrea era chinato in terra a raccogliere delle bottiglie da un frigobar in basso in quel particolare lato del bancone e comparve in tutta la sua conformità all’ambiente circostante. Si toccò il baffo arricciando il labbro.
– Quanta eleganza, signora!
Andrea Selini poteva essere, tranquillamente, confuso con qualsiasi soggetto d’arte barocca. Personaggio sfarzoso e tonico per eccellenza. Compiaciuto sorrideva in modo assai veritiero.
– Un altro bel maschietto. Questo locale è pieno di sorprese. – cercò di ricomporsi Ioana guardando il barista.
– Ci sono già due gigolò che girano per i tavoli. Questa notte la clientela scarseggerà per lei. – rise Andrea mentre stappava con cura una bottiglia di vino rosso.
– Io sono per gli uomini.
– Anche loro.
Il barista, tanto snello e fragile, poco si vedeva dietro il pesante bancone di legno arancio. Così indicò due uomini in abito nero estremamente eleganti nel portamento e nel vestiario da risultare poco adatti allo spirito del bar Rebbia. I due scrutavano attentamente tra i tavoli in voga e la pista da ballo ormai completamente stracolma, dialogavano coi tutti, presentandosi a più persone possibili in piena opera lavorativa.
– Almeno loro danno gioie sessuali ai miei clienti, mentre questo signorotto qua li aggredisce. – brontolò Andrea rivolgendosi a Vittorio in tono assai pungente, dono del suo carattere attivo, sveglio, figlio di un intelletto assai propenso al dialogo cordiale e divertito, allo studio e al lavoro.
– Ne parli come fosse il tuo locale, amico.
– Un giorno ne aprirò uno molto più grande, promesso!
– Le conosco le tue promesse. – prese un respiro.
– Un giorno un ragazzo mi promise di diventare uno dei più grandi avvocati in questo mondo. E indovinate com’è andata a finire? – aggiunse Vittorio rivolgendosi alle ragazze.
Lucia si sentì terribilmente provata da quelle parole tanto dure e pronunciate con tanta leggerezza d’animo.
– Anche meno crudele. – gli disse con disgusto e con la preoccupazione che Andrea potesse rimanere offeso da quelle accuse senza criterio, base e merito.
– Quanta negatività, amico! Tu promesse non ne hai fatte, ma all’università ricordo ancora i tuoi folli progetti. Tante volte hai avuto l’impulso di mollare tutto. Dicevi non fosse il tuo percorso quello della legge, e sai perché hai continuato in quella direzione?
Lucia cercò di pensar velocemente a cosa potesse fare e dire per frenare l’impulso dei due amici, che conosceva tanto bene, di distruggersi a vicenda. Non riuscì ad intervenire in tempo.
– È perché hai fallito con tutto, Vittorio. Ti sei accontentato di quel che ti era rimasto e hai perseverato laureandoti tardi e con voti mediocri. Ora sei bloccato in questa città, arrabbiato e deluso.
– Almeno io un lavoro ce l’ho.
– ma non hai più uno straccio di sogno.
Vittorio abbassò lo sguardo sconfitto. Strinse i pugni in modo tanto duro che Lucia credette dovesse trafiggere la carne del palmo con le unghie delle dita. Conosceva bene quel senso, quell’ardore rosso che infesta il verde della tranquillità ambita e lo scaccia in malo modo per far strada all’impulsività violenta. Il complotto dei tre calici in un attimo era stato dimenticato.
– Vittorio…
– Ti sei adattato bene in questa città, amico. – gli disse alla fine.
– Questa città è casa mai. L’ho accolta, ma evidentemente tu non lo hai fatto ed ora ti senti un estraneo smarrito. Uno straniero. – esclamò Andrea stringendo il collo della bottiglia di vino stappata che tratteneva in mano. Chiazze di sudore iniziarono a farsi intravedere tra il tessuto di quella camicia bianca intatta e la fronte liscia. Le iridi del barista dilatate dalla frenesia dell’affronto subito a cui aveva risposto con ferocia.
– Davvero, Sara? Una così preziosa gemma come te come fa a condividere il letto con un bruto così? – chiese ironicamente, ma stavolta le note di dolce trasparenza divertita tornarono a mostrarsi in quella persona tanto volenterosa, equilibrata e vivida.
Non si percepì più l’offesa e Vittorio tornò al suo posto allentando la stretta delle mani. A questo punto, in lontananza, un altro tizio dietro al bancone in camicia bianca fischiò richiamando Andrea all’attenzione del lavoro.
– Ora se volete scusarmi, amici. Torno a fare quello per cui mi pagano!
Il verde degli araldi di quei muri tanto lucidi piombò in un torpore malinconico, che però riportò il vivace tra quelle facce tutte amiche ed una appena conosciuta.
– Tu sei questo, Vittorio! Ti odiano perché odi! – esclamò Sara.
Lucia non riuscì a distrarsi dalle appena pronunciate parole di Andrea, il quale reputava Vittorio Malosi, a quanto pare, un arrendevole anima incline a prendere ciò che trova, portato a sopprimere il suo volere e le sue sensazioni, al fine di perseguire una vita più semplice, che arriva così dal nulla e dal caso, ma che non lo soddisfa. Potesse essere così per ogni scelta che Vittorio aveva fatto? Anche quella di aver scelto una persona come Sara Michielli come compagna di vita dopo aver lasciato lei? Potesse essere il suo approccio alla vita la fonte delle sue fantasie, del suo terrore di quella città e di quel locale? Lucia se lo chiedeva tra sé e sé.
– Mi sono divertita davvero con voi stasera. – Ioana interruppe i pensieri molesti della giovane.
– ma devo tornare anche io al mio lavoro. – disse traendo dalla borsa un rossetto d’alta firma e applicandolo dolcemente sulle labbra corpose.
– Perché non rivolgerti alle donne? – chiese Sara con l’intento forse di smorzare la rabbia e spezzare il malcontento che tra le quattro figure si era fatto strada tormentando le linee d’espressione.
– Forse dovrei. Questa sera gli uomini sono tutti occupati.
– Posso aiutarti io. – si propose Sara scuotendosi nelle vesti attillate.
– Oh, sì. Con una sexy bomba come te accanto nessuna potrà resistermi.
– ed io posso distrarmi dal fatto di stare insieme ad un depresso.
E le due, ondulando le curve e sottobraccio, si allontanarono nuovamente alla ricerca di prede che potessero crollare alle loro attenzioni. Così Vittorio e Lucia ritornarono ad esser soli.
– Sara parla con toni troppo leggeri per trattare di un qualcosa tanto delicato come la depressione. – disse Vittorio rilassandosi ed appoggiandosi al bancone. Sembrava a pezzi.
– Dai, non è così male! – Lucia aveva voglia di chiedergli di Andrea, di scavar nel loro rapporto, di sapere, di conoscere, di scoprire la fonte del disagio di Vittorio Malosi.
– Lo so cosa pensi di lei, ma rimani troppo ingenua e buona per dirlo.
– Riesci ad offendere le persone con ogni minima parola che pronunci, Vittorio.
– E cosa ne pensi della nuova arrivata?
– Una normalissima Escort.
– Piombata dal nulla.
– Continui a credere che ci sia una cospirazione contro di te?
– Non necessariamente contro di me, ma io di sicuro ho una parte da recitare.
– Per questo l’hai fatta incazzare tanto sul fatto dei bicchieri? Temevi volesse avvelenarti? La tua ragazza, Vittorio?!
La massa di persone, dal centro del bancone, smise di richiedere da bere e iniziò a spostarsi verso la sala da ballo, o forse verso i tavoli con l’intento di dividersi e andare al proprio posto. A passi lenti, la folla si diresse verso i due ragazzi che ancora restavano in una parte quasi appartata del Bar Rebbia, fin quasi a sommergerli totalmente, ma la discussione tra Lucia e Vittorio non sembrava risentirne, anche se in lei era certo rimasto lo sgomento dell’assurda uniformità di quegli esseri. A causa di questa sua angoscia, in quegli istanti, evitò di esaminarli ancora.
– Sembrava che anche tu avessi lo stesso sospetto.
– Io? Stai scherzando?
– Allora perché non hai bevuto e chiedevi incessantemente cosa fosse?
– Io non ho complotti nella testa. Non sono pazza!
– Allora bevi!
Vittorio indicò un bicchiere remoto rimasto davanti Lucia, nel cui interno si stanziava un residuo, seppur minimo, del liquido celeste che Ioana aveva ingoiato con brutalità, prima che lei potesse capire che tipo di bevanda fosse.
– Non bevo dove si sono poggiate le labbra di quella. Che schifo!
– Davvero, Lucia?
– Sì, davvero!
– Dov’è la Lucia buona che non odia nessuno? – disse Vittorio schernendo e trasmettendo in lei un senso di complicità ambiguo, ma luminoso.
– Ah, fanculo! Solo perché ho bevuto una sola birra e siamo qui dentro da un’ora.
Così Lucia prese il bicchiere con fermezza e stava per deglutire ma all’improvviso, un impatto inaspettato e fulmineo la colse nell’esatto istante in cui s’accostava il bicchiere alla bocca e questo crollò in terra frantumandosi in mille schegge di vetro. Alcuni passanti tentarono di evitare di ferirsi.
– Ma cosa?! – arrivò da dietro una voce soffocata e maledettamente interdetta
– Ehi e sta attenta! – mugugnò un uomo tra la folla, che con i suoi compari dovette alzare i passi per evitare i pezzi di cristallo riversi in terra.
– Già ubriachi alle ventidue di sabato sera? – chiesero a Lucia lamentandosi.
– Maledetta!
Arrivarono schiamazzi da ogni parte.
– Scusate, mi è scappato! – si pronunciò Lucia rivolgendosi sostanzialmente al vuoto, perché ormai i gruppi erano già proceduti in avanti. Lo fece con tono colpevole, che poi però si trasformò in un riprovevole silenzio d’affanno a causa della posa rigida che Vittorio aveva assunto senza apparente motivo. Il ragazzo, in un attimo, era in piedi per qualche motivo, scrutando, spietatamente, la folla che si dirigeva lontano da lui. Dovevano esserci una trentina di persone tra donne e uomini.
– Cosa… – balbettò Lucia cercando di richiamare l’amico.
– Lo ha fatto apposta! – tornò a palesarsi una voce alle spalle di loro.
– Chi?
I due seguirono il suono delle parole giungendo con lo sguardo all’immensa cristalliera dove davanti stava ritto e sconcertato il buon Andrea Selini con ancora la bottiglia di vino in mano; a quanto pare, si era solo mosso di pochi metri a destra, dato che ormai in cassa non c’era più nessuno da servire. Di colore biancastro in volto, giaceva incredulo. Una forte contrarietà nella sua persona accesa d’energia si legava ora ad uno scenario di folle sospetto.
– L’uomo…
– Quale uomo? – chiese Vittorio all’amico.
Lucia era troppo coinvolta per riuscire a proferir parola.
– Quello di prima. Il tipo col cappotto beige. L’ho visto! Ero qui dietro al bancone. Ha colpito Lucia di proposito! Era in mezzo alla folla che è passata prima. Si è sporto dal resto. Ha allungato un braccio. L’ha colpita di proposito ti dico!
Vittorio e Andrea, mostrandosi legati da una capacità di comprensione l’un l’altro immediata e fuori dalla norma, si osservarono nel mezzo di uno scenario d’ombre sinistre che ridevano divertite e si agitavano a tempo con le pulsazioni della musica. Ai due, guardandosi, bastò un cenno.
– Okay, tranquilli. La situazione non mi piace. Lo tengo d’occhio io quello!
(Il bar delle Folies-Bergère (Un bar aux Folies Bergère) è un dipinto del pittore francese Édouard Manet, realizzato nel 1881-1882 e conservato alla Courtauld Gallery di Londra.)
