– Perché cazzo non andiamo via?
– Ah, ora mi credi?
– Quell’uomo ce l’ha con noi? Perché?
Nella mente di Lucia si rifecero strada tutti gli abusi subiti in corpo. Vittorio comprese subito cosa attanagliava l’amica dal profondo della psiche, quel disagio nato dal suo vissuto, e le fece forza con un solo tocco.
– Allora, chi è? – chiese Andrea avvicinandosi ai due con forte impulso, premendo i fianchi contro il tavolo per far sì che il loro discorso non potesse giungere ad orecchie indiscrete. Erano ormai le ventitré di venerdì sera ed il locale si presentava stracolmo di persone d’ogni genere ed etnia.
– Non lo sappiamo.
– Cosa vuole da voi?
– A saperlo, amico, non staremo preoccupandoci!
Vittorio riguardò Andrea. Dopo la sfuriata di prima pareva diverso. Quel suo volto ingenuo si era contornato di rughe che prima non c’erano affatto. Le luci del bar Rebbia erano capaci di deformare le persone a tal punto da nascondere il tempo che va scorrendo tra i pigmenti dell’epidermide.
– Credi che possa farci del male? – provocò Vittorio
– Pensi questo? A me sembra solo un idiota quello! – gli rispose nervoso Andrea.
– Rovina la serata!
– Non solo la vostra serata.
Andrea ci pensò su per un minuto, sembrò rifletterci più della norma se si considerava il suo carattere accesso e dalla pronta risposta.
– Il Bar. Rovina il mio bar! – aggiunse.
Vittorio si accontentò di annuire, rinunciando al suo volere di controbattere l’altro giovane col solito mostrare astio quando Andrea parlava del Bar Rebbia come fosse il suo locale. Non voleva continuare a creare polemiche su quello, ma sapeva che serviva eccitare l’anima dei protagonisti per addentrarsi nel reale, o almeno in quel che pareva appartenergli.
– C’è qualcosa. – continuò, però, Vittorio.
– Cosa può mai esserci?!
– Qualcosa!
– Non c’è nulla, amico!
– C’è.
– No.
– Zitto!
– Basta, ragazzi! – si intromise Lucia.
– Lucia, non importa se ti ho detto di restare! Vuoi andartene?
– Ci sto pensando.
Vittorio si contorse ad evidenziare il malumore.
– Prendi una decisione! – Vittorio trafisse con sillabe pulsanti l’anima già provata di Lucia Lovia.
– Non trattarla così! – intervenne Andrea
– Continuare questo spettacolo non ha senso!
– Continuerà invece! – terminò il barista. Vittorio contrasse il viso in una facciata di sgomento. Andrea tornò a squadrare Lucia.
– Nessuno ti toccherà mai, Lucia! Non con me nei paraggi. Te lo posso assicurare! – sentenziò il giovane suscitando il clamore dei suoi due compagni, ma Vittorio pareva combattuto dopo l’ascolto di quelle frasi deliranti. In Andrea apparve un limpido accenno di clemenza e prontezza. Questo celò ogni ingenuità sua e le paranoie di un sognare irrealistico.
Lucia notò con piacere e stupore il suo mutamento d’azione ed anche lei fu colta dai nuovi segni di invecchiamento che si andavano annidando nel viso di quel ragazzo dietro al bancone appena ventisettenne. Inspiegabilmente contratto dalla sua posizione, Andrea appariva decrepito. Nessuno avrebbe, prima, potuto notare i solchi sul suo viso sotto le luci riflesse della cristalliera, ma ora che si era avvicinato a lei, Lucia si accorse di non stare più parlando con quel ragazzo in fiore del suo paese in primavera. Il primo con cui si confidò in merito al suo finito amore per Vittorio. Il primo a cui ammise, ed ebbe il coraggio di farlo per le strade della via gelida del centro della loro piccola cittadina disabitata e ora lontana, la violenza di quell’uomo malato con cui per anni aveva condiviso il tetto di una casa a pezzi eretta dal terrore.
– Gr…grazie, Andrea.
– Devo assentarmi ora, vado in cassa. Mando qualcuno dei due a pulire. – e si allontanò.
In Lucia tornò l’ombra di un abbandono assurdo che, non di certo, doveva sentire così profondamente e in una tal maniera ambigua. Cominciava il suo processo di nuova indecisione e nuova intima guerra in merito al da farsi. Andrea era, sicuramente, per lei un’altra figura d’importanza indiscutibile nella sua vita. Il ragazzo aveva imparato a conoscerla e a viverla negli anni della loro adolescenza, i più cupi fino a quel tempo di inganni messi in atto per qualche ragione, forse. Quando richiamato, Andrea Selini c’era sempre stato per lei e, nonostante tutti questi anni, si rincontravano in, forse, circostanze simili alla inferma brutalità che sicuramente entrambi ricordavano.
– Allora cos’hai deciso? Andiamo via?! – tornò a chiedere Vittorio.
– Non lo so! Non lo so!
– Oddio, prendi una decisione!
– Non lo so! Dammi tregua! Cazzo!
– Mi dai sui nervi, Lucia!
Lucia avrebbe dato tutto per far si che Vittorio smettesse di accusarla. Si fece silenzio per pochi attimi mentre la ragazza calò il viso dispiaciuta.
– Dobbiamo comprendere! – Vittorio la richiamò da quel sogno ad occhi aperti.
– Perché? – interruppe lei.
– Cosa?
– Perché dobbiamo sempre capire le cose?!
– Che cosa vuoi dire?
– Voglio dire che, forse, per una volta, non voglio capire il perché!
– Quell’uomo è qui da qualche parte!
– Sì, e allora?
– Perché non chiediamo spiegazioni? Così la finiamo una volta per tutte!
– Perché potrebbe essere pericoloso, Vittorio!
– So cosa ti tormenta, ma Andrea ti ha assicurato che non ti accadrà niente in questo bar!
Lucia aveva ben presente la promessa dell’amico, ma non le era sufficiente.
Vittorio la guardò e vide ogni sfumatura orrida di afflizione che le stringeva le corde dell’anima provata. Lucia andò a toccarsi la gola, alla stretta dei suoi ricordi, quando proprio una sanguinaria e salda presa lasciò i segni sulla sua pelle pallida. Si placò.
– Quel tipo è solo un altro maniaco! Non c’è nient’altro. Il mondo ne è pieno! – alzò il tono tentando di convincersi delle sue parole.
– Certo, hai ragione! – provò Vittorio ad assecondarla dato il suo stato di pericolosa ansia.
– ma tu non la pensi così! C’è un disegno assurdo nel tuo cervello, Vittorio!
Lucia comprese il merito di Vittorio di avere premura nei suoi riguardi, ma, sorpresa, continuava a vagare nella sua incertezza, rimanendo instabile sul da farsi.
– Ha detto Andrea di averlo visto quell’uomo…ma dov’è? Chi è?! – continuò Lucia.
– Davvero ci tieni a scoprirlo?!
Lucia a quella domanda si interrogò dentro accorgendosi che la voglia di scappare via dal bar Rebbia per l’orrore dell’incompreso di un passato che sembrava ribussare alla sua porta, e la curiosità vivace di rimanere per capire cosa accadesse, se davvero qualcosa stava accadendo, si contendevano il volere di lei in modo assai feroce.
– Non lo so…
Vittorio si accorse del conflitto interiore che la tediava. Logico qual’era si accorse anche che Lucia mentiva a sé stessa quando continuava a ribadire di voler rimanere per capire cos’accadeva. No, Lucia era preoccupata per lui, lo vedeva come un folle e voleva restargli accanto, Vittorio lo sapeva.
– Non meriti di farti del male per compiacermi! È il mio delirio, non il tuo! – tentò di farle comprendere di esserci.
– ma io non voglio compiacere te, Vittorio! – guardò distratta alla ricerca di un pretesto per comprendersi.
-Io… – Vittorio si sentì in pietà di lei che desiderava ritornare ad essere parte del suo quotidiano. Una colpa gli pesò dentro.
– Non devi restare per me, Lucia. – quasi pianse nel dirlo con voce spezzata in gola.
– Invece devo…
Vittorio Malosi stava uccidendosi nella sensibilità umana che non gli apparteneva, quando, dal fondo del bar Rebbia, all’improvviso, emerse dalla calca l’uomo stempiato. I due si arrestarono brutalmente ed osservarono. La luce tagliente scavava ombre sulle sue guance incavate, ma quello ritornò al tavolo delle solite maschere con disinvoltura, come se nulla fosse accaduto, come se non avesse provocato pochi attimi prima il secondo urto ai loro danni.
– È per te che rimango Vittorio. Hai bisogno di me per ritornare alla realtà! Questa città ti ha fatto così male… – non smise di sentire premura per Vittorio. L’unico momento in cui si disinteressò alla minaccia dell’estraneo palesatosi a pochi metri da loro, presa com’era dai suoi rimpianti e dal suo affetto per quel ragazzo che lei credeva deviato dall’età adulta sopraggiunta.
– Io sono lucido, Lucia!
– Ci guarda! Ci guarda ancora! – urlò lei.
Lo sguardo dell’uomo stempiato del bianco degli spettri di nuovo ai due si rivolse indegno, ma quando si accorse che i ragazzi lo avevano notato tornò sulle sue. Lucia ci vede in lui un’espressione di ansia, riflessione e colpa, non di minaccia. Sbagliava a pensarlo?
– Un maniaco. Un’altro! – disse Vittorio. Ormai libero dal suo clamore, capì che un azzardo violento non avrebbe risolto il mistero. Ci pensarono per un po’ finché il rimuginare sull’esito della vicenda fu interrotto da una figura in ombra che si calò in terra a raccogliere i frammenti del bicchiere frantumato dinanzi a loro. Tanti episodi ristretti nel pulsare di pochi attimi. Lucia e Vittorio sussultarono per quanto immersi nel pulsare dell’ignoto che li circondava, ma non c’era nulla di cui preoccuparsi, era Andrea.
– Avevi detto che mandavi qualcun altro a pulire.
– Eh, ma nessuno era disponibile. – rise.
– Ti lasciano sgobbare troppo in questo bar, amico!
– Oh, fidati, ho anche io il mio potere qui. – tossì rauco per un istante.
– Quello di chiudere i cessi una volta finita la serata?
– No, quello di scoparmi tua madre!
Si rialzò. Vittorio socchiuse gli occhi in una smorfia insolita, come se avesse scorto un fantasma, incapace di riconoscere in Andrea le sue solite accortezze. Le rughe dell’amico sembravano dissolte sotto i riflettori della pista da ballo, mentre la folla continuava a muoversi freneticamente, ignara della sottile malizia che avvolgeva i cuori dei protagonisti. Andrea appariva ora come un giovane vigoroso, dal carattere intenso e dalla personalità decisa. Lucia, osservandolo, ne fu compiaciuta e si rallegrò definitivamente.
– Sta a vedere che adesso a quello gli porto il drink che gli avevo promesso. Vediamo come reagisce! – propose Andrea.
– Sì, vediamo come reagisce! – rispose la ragazza, cercando di celare il timore suo malato. Andrea sorrise. Vittorio volle di nuovo esplodere in un’ennesima scenata di impazienza, frustrato dal continuo cambio di intenzione di Lucia e dalla sua colpa, ma quel viso angelico e le iridi del cobalto che lo fissavano innocenti non gli diedero modo di dare sfogo alla sua indole.
Pregare di rimanere ancorata a quel posto grottesco, deforme ed inadatto, nella testa di lei risuonava assurdo. Lucia e Andrea si completarono in un vortice di partecipazione l’uno nei riguardi delle apprensioni dell’altro. Entrambi si diedero fiducia e prontezza nel proseguire verso una direzione ignorata fino ad adesso, ma capace d’alimentare la curiosità per proseguire verso una meta sconosciuta, fonte di una remota paura, ma pronta ad essere domata. Si poteva arrivare alle verità affini, ma con la persona giusta al proprio fianco.
Andrea, coi vetri in mano, produsse un’espressione di compiacimento sentito sorridendo alla ragazza esponendo i denti di ceramica. Lucia ricambiò l’espressione cordiale.
– Bene, bene! Ricordatevi che ci sono io a vegliare su di voi. Non dovete preoccuparvi! In caso reagisca male, lo sbattiamo fuori a calci quel folle!
– Non mi sembra il caso… – rispose Vittorio. Lucia si contorse nervosa per il falso tono pacato del ragazzo.
– Non eri curioso di scoprire l’inganno? Il complotto? Il mistero?!
Era cambiata in un attimo. Dal cupo del dubbio e della resa, alla luce sua consueta di fiducia e armonia. Il vetro dei mosaici all’ingresso colsero i raggi della luna crescente. Lucia sembrava essere alla notte legata, figlia degli astri, esplodeva in un vortice di nuova voglia di vivere. Era bastato così poco? Vittorio si irrigidì ancora. Ora veniva anche a fargli la morale? Cercò ancora, difficilmente, di frenarsi.
– Certo ci ha urtato due volte, però…
– Complotto?! – interruppe Andrea.
– Paranoie, paura e follia… – aggiunse Lucia sorridendo ingrata.
– C’è tutto lo staff del locale con noi nel caso. Non può farci nulla quello, tranquilli!
– È il tuo amico che deve farsene una ragione… – esclamò Lucia indicando Vittorio che, accusato, si concesse due passi indietro colto alla sprovvista.
– Una ragione di cosa?
– Di non essere nel mezzo di una trama gialla!
– Tu sei completamente pazza! – le rispose irrequieto il ragazzo.
– Ah, ma dai! Ha sempre avuto queste fisse, anche all’università ricordo…
– Non ricominciare, amico!
Lucia e Andrea si presero gioco di lui in modo così indiretto e meschino che Vittorio arse dentro per la rabbia che dall’interno si fece breccia tanto spinto dall’accusa; ma nella sua analisi, ingoiò con forza l’orgoglio e cercò di essere partecipe alla scena.
– Certo. Beh, allora un’altra birra, dai! Ora sappiamo che sei parte del disegno del maniaco di tuo padre, Lucia. Alla fine, se voglio scoprire cos’accade è meglio che tu rimanga qui! – Vittorio parlò con note di un sarcasmo acceso, ma era lo stesso assurdo metodo di quando si colma il falso con altra illusa accortezza, così da esporre i propri veritieri pensieri, mascherandoli alla meglio. Era riuscito a dominarsi e a discutere con provocazioni velate e logiche. Aveva dimostrato a sé stesso di essere più di quel che credeva.
– Dai! – intervenne Andrea con esagerazione nei gesti.
– Cosa?!
– Credi vogliano farti fuori? Nel mio bar, amico? Cos’è? Debiti?
– Nella tua bella città incantata ora hai anche dei criminali?
– No, impossibile. Non c’è crimine qui!
– Guarda che ho fatto molti giri qui fuori e di notte. Non ne sarei tanto convinto fossi in te.
– No! – esclamò risentito Andrea che si riflesse una scintilla di frenetico furore, tanto che Lucia barcollò sorpresa da quanta anima pose l’amico nel difendere la sua città che veniva da Vittorio offesa. Andrea, accortosi dell’espressione attonita di lei, si ricompose.
– Scusa, amico, non volevo offenderti.
– Fanculo, Vittorio! – tossì ancora a causa del tono alto e irritato.
– Non scherzare, Il tuo amico si sente in una trama noir. Te l’ho detto! – Lucia cercò di smorzare la tensione
– Dai, ma no…
– Si credo ci sia di più… – tagliò corto Vittorio.
Andrea si contrasse in un sospiro profondo e inusuale. Colse, sicuramente, tutta la determinazione del suo compagno, e reagì in modo eguale a chi crede d’avere un folle dinanzi.
– Non potete dire sul serio!
– Lascia stare, è tutta la sera che provo a smuoverlo!
– Ma scherzi, Vittorio?
– Non scherzo!
– Smettila!
– Andrea, vai a prendere questa bottiglia a quel maniaco e non rompere il cazzo! – Vittorio arrestò le risa di lui con un cenno della mano. Il barista annuì in un indecente maniera e senza dire una parola si voltò per sparire in direzione della cristalliera.
– Va bene, Lucia?! Vuoi restare? E resteremo al bar Rebbia, allora! Vediamo come va a finire!
– È sempre stata tua intenzione restare. Smettila di fingere con me!
Così nella mente di Vittorio Malosi si fecero spazio altre domande, forse poste senza una logica base. Perché Lucia aveva cambiato idea? Perché rimanere? Iniziò a sospettare pure di lei. I suoi demoni non lo lasciarono più in pace per tutta la notte del Bar Rebbia.
Danae è un dipinto a olio su tela realizzato nel 1545 da Tiziano Vecellio e conservato nel Museo nazionale di Capodimonte di Napoli.
