– Allora è andato tutto a farsi benedire? – chiedeva una donna sconosciuta in cappotto lungo e spessi occhiali di nera montatura. Dalle piegature andava intravedendosi un camice bianco.
– A quanto pare il modello va rifatto da zero. – le rispose un uomo sulla cinquantina di fianco a lei mentre scriveva su un foglio in sua mano.
Degli uomini avevano appiccato il fuoco dall’esterno del bar Rebbia adoperando degli strumenti di controllo del rogo, abili di espandere, in sicurezza, il getto di liquido infiammabile e bruciare le parti desiderate. Era un gruppo di una decina di individui in tuta ignifuga e maschere al volto, coordinato da un essere che si avvicinò ai due, tenutesi al riparo sotto il portico di una palazzina grigia e anonima difronte al locale, ormai in fiamme.
– Dottore, il locale è bruciato.
– Sopravvissuti?
– Nessuno, signore.
– Bene.
Il dottore appuntò altro sui suoi fogli.
– Procediamo a spegnere il rogo?
– Mi raccomando, non voglio sopravvissuti. Il lavoro è chiaro.
– Certo, signore. Nessuno nel locale è potuto sopravvivere a un incendio del genere.
– Allora proceda pure.
E quello tornò dai suoi a proseguire nella direzione.
– Abbiamo dovuto aspettare che smettesse di piovere. – disse la donna.
Il dottore si sistemò il camice sotto il giubbotto aperto. Non staccava gli occhi dai suoi appunti.
– Avevo detto ad Andrea Selini che il soggetto non si sarebbe integrato al modello.
– Vittorio Malosi era suo amico. Non voleva che dovessimo eliminarlo.
– Lo avevo avvertito. – disse scrivendo ancora.
– Poi quel tale che ha violato la copertura. Impazzito totalmente….
– Dobbiamo controllare meglio i nostri campioni. Alcuni fanno finta di essersi adattati per vari motivi. Questo a quanto pare amava una donna, Ioana Caridi. – e quella mostrò al dottore una foto identificativa di Ioana.
– Certo, ma quelli che si adattano, al minimo squilibrio del sistema, impazziscono, totalmente. Iniziano, a quanto pare, a mangiarsi a vicenda.
– Sappiamo che la loro psiche è stato sottoposta a uno sforzo notevole. È normale che…
Il dottore alzò una mano per zittirla.
– Dottor Rebbia, io non volevo insinuare che…
– Abbiamo perso centinaia di esemplari questa notte. Dobbiamo inserire un nuovo processo di uniformità.
– Sì.
– Vittorio Malosi era un soggetto davvero interessante, ma il suo carattere ha giocato a nostro sfavore. Gli ha permesso di fuggire dall’Ecoprassia.
– Questi ragazzi tutti legati ai fatti di casa Lovia, erano ottimi campioni. Se fossimo riusciti a incanalarli nel flusso avremo ottenuto un modello che potesse inglobare anche coscienze traumatizzate.
– Già.
– Uno stupro non denunciato. Tutti ragazzi connessi ai fatti. Avremmo potuto usare il trauma e scoprire la chiave della corruzione. Avremo potuto migliorare il modello e abbassare le probabilità di fallimento.
– Il nostro progetto non si arresta con un tentativo fallito, dottoressa. Il nostro scopo è troppo grande per potere interrompere ora le nostre ricerche.
– Cosa intende fare?
– Ci sono rimasti altri campioni. – prese fiato il dottor Rebbia.
– La città è piena di persone assimilate al modello. Dobbiamo iniziare a tenere sotto più stretto controllo e vedere se manifestano la voglia di fuggire o ribellarsi. Non tollererò altri errori. – concluse.
– Chiaro, sì.
– Troveremo altri modi, altri campioni e altre storie da utilizzare.
– Sì, dottor Rebbia.
– Dichiaro fallito l’esperimento del bar Rebbia, ma sento, questa notte, di essere più vicino all’obiettivo.
Sfogliava maniacalmente i suoi appunti.
– Ci riusciremo dottore. Un giorno avremo un modello dimostrato di una realtà umana meno corrotta. Il progetto continuerà.
Cristo dodicenne tra i dottori è un dipinto a olio su tavola di pioppo (65×80 cm) di Albrecht Dürer, datato 1506
