Generazione senza maestri

In Europa vive una generazione abbandonata dagli eroi. Questa continua ad appassire in Penisola, logorandosi, disfacendosi esclusa, emarginata. Assenti i maestri, la scuola e le idee. Quale esperto giardiniere, con in cura uno splendido prato avvolto dal mediterraneo, trascura i germogli suoi? 
Figli privi di eroi, di modelli e rispetto, semmai un giorno dovessero essere in grado di liberarsi dalla prigionia di slogan e ideologiche, indottrinate perversioni dove si omologano, accorgendosi della reale misera condizione in cui versano, oppressi dalle altre parti della società italica, convergeranno verso l’estrema scelta di distaccarsi violentemente dai padri; traditi, li guiderà il solo Odio.
Una generazione priva di maestri, legge quelle precedenti e le rimprovera di non averli considerati nel prosieguo del progresso. Assaporando amaramente lo splendore passato, ora solo un ricordo, morto decenni e decenni addietro, sono delusi, affranti. Senza contemporanee forti personalità vicine nello spazio, nella lingua, nei problemi e nella derivante frustrazione, non può, a questi nati in pieno degrado, essere addossata la colpa di non aver sviluppato adeguate competenze per costruire una voce propria, per conquistare e gestire lo spazio che gli spetta, lamentarsi se non gli è dato. 
Non devo io spiegarvi l’essenzialità del contemporaneo maestro per il sano progresso del popolo e dei giovani suoi, perché se ha sì accesso a libri della prima decade, delle fonti arcaiche, manca pur sempre il presente a spronarti, inteso sia come vicina presenza, ma anche lingua, giudizio e schifo. Tu che sei agli inizi, se vivi preda della carenza di una guida, avanzi disorientato, stordito. Il massimo umano splendore avrà bisogno di più tempo per emergere, quello medio, senza precettori degni, non verrà fuori mai. Rimbaud aveva la sua Saffo, ponendosi nel tragitto ne accresceva le parti, mischiate ai bagliori del Baudelaire. Poi Verlaine, vivo ad accoglierlo, teneva unite le potenziali comparazioni, ispirando e spronando il ragazzo a stare al moderno, innovandolo, crogiolandosi nella fortuna che l’odierno stava a parlargli ed egli, scegliendo di ascoltare, avrebbe brillato. Chiediti se oggi in Penisola può dirsi un presente. Io solo vedo consumati pilastri di un passato sbiadito, tenuto grande dall’ignorare o dalle fantasie becere. Terreno arido per un futuro degno.
Questa genesi italica, al contrario del Rimbaud, non è stata indirizzata verso la strada di Atene e dell’Aleteia. È una linea deviata, confusa, che si allontana dal solco culturale che gli antichi hanno tracciato e che la Weimar della felicità campestre ha seguito. Non che il mio sia un invito a stare stagnanti nelle regole e nel canone, anzi, ma se la modernità è stare contro il proprio tempo, ed è una cosa risaputa, non puoi dar contro ai pregiudizi, agli schemi imposti, alle ideologie mediocri dell’oggi se dell’Oggi continui a non saperne niente. Aggiungere nuove parti alla contemporaneità, dare tecnologia ed innovazione, poggia su basi arcaiche conosciute. Una linea continua di cui conosci la partenza può avere seguito dalle tue mani. Pensaci. Se non sai da quale arcaica fossa sia venuto fuori questo presente, allora come pretendi di stargli dentro? Assimilarlo? Migliorarlo? Degradarlo? Se nessuno s’è mai preso la briga di insegnarti a guardare che accade. Se nessuno s’è mai preso la briga di illustrarti i processi con cui si formano, operano e corrodono le strutture del falso mondo bipolare oriente-occidente come pensi di disfartene o di preservarlo o di dire qualcosa in merito?
Ora, in un sociale efficiente, tutti i pezzi, generazioni in vita, sono obbligati a funzionare l’uno per l’altro, non c’è domani altrimenti. La giovinezza è il fiore primo di una terra desiderosa di continuare ad esserci. Il tassello più importante, il nuovo. Impara a riconoscerlo come il massimo valore del mondo a cui appartieni; che tu sia in età senile o nella giovanile classe, riconosci l’importanza dell’ultimo arrivato, che va mantenuto in Penisola, per il bene tuo e del resto. Non frodare il ragazzo senza maestri, e tu, giovane dei non riferimenti, riconosci la debolezza e domanda una Scuola e dei maestri agli adulti, fallo con insistenza. Chiedi la fine del sistema frode di cui tu sei la prima vittima per tornaconto dei tuoi padri. 
Che il dibattitto, il lavoro, l’equilibrio, sono temi a strati, trasmessi, mantenuti dalla parola, dalla concordia tra le classi in equità di un sano apparato.
Se una generazione prevale sull’altra sbraitando, lamentandosi di mantenere passati insostenibili privilegi. Se la generazione nel mezzo è troncata dalla parte capace ed in Penisola ha costruito rappresentanza tramite chi, al contrario, è inabile nella visione. Se i ragazzi, sempre ultimi e martoriati, smettono di gridare e chiedere, annichiliti dalla rinuncia alla vita ed impossibilitati nel giudicarla, senza mezzi; comprendi, che ad ognuno dei frammenti essenziali della Penisola è sradicata la facoltà unica che la definisce. Una giovane genesi senza maestri è senza fantasia. La giovinezza smarrisce ciò che la distingue agli occhi dei tanti, assimilabile al gioco, al movimento, alla foga dell’immaginare. Questa europea generazione è un albatro ansioso di librarsi in aria ma, catturato a Prua, è deriso dai marinai. Fa male non guardarlo solcare il mare in volo, fare quello che è abituato e che è bravo a fare. Ecco, la categoria “giovinezza”, la nuova stirpe italica, ha dentro gli attributi caratterizzanti del lamento, della ribellione, ma se queste non sono sollecitate e si spengono, o vengono indirizzate verso inutili lotte da distrazione fanatica, lo stesso titolo della categoria “giovinezza” non ha più alcuno significato, diventa altro. Non è giovane chi è annichilito.
La verità è che di maestri, di illustri pionieri del pensiero, hai estrema necessità. Hai il bisogno continuo che qualcuno di questi ti sia rimasto in vita, a perseverare nella nausea che ti assilla in quel borgo dimenticato e marginale di provincia da cui sei fuoriuscito. Creatori, Autori, Maghi capaci, veri, ad ispirarci utili riflessioni miranti verso l’approdo a nuovo potenziale creativo, sono assenti da decenni in Penisola. Davvero, che quelli prima avevano Pasolini, Moravia, Calvino, Battiato, un minimo tiravano avanti. È non è becera retorica: “si stava meglio quando si stava peggio”. Che questa gente, che questi piccoli germogli immobili ad attendere la falce, non abbiano potuto inebriarsi della Gioia di aver punti di riferimento, spalle forti sui cui poggiare, su cui scaricare disorientamento e amarezza, è un triste fatto e porta con sé conseguenze, impercettibili nell’immediato, ma mortali nel lungo termine.
Una generazione fatta di ragazzi senza maestri, senza eroi, che guardando il Talento in fuga e la Penisola farsi ambiente ostile per l’unicità, oggi emigrata ed ormai lontana; in futuro, cosa pensi che farà? Col disgusto dell’appartenenza a un sistema che li rigetta, con l’amarezza dell’impossibilità di esprimersi e vivere, il destino loro varrà poco e spezzare, tranciare, dilaniare ogni radice che li lega alla Penisola, che è ora la prassi di chi gode di Genio, diverrà anche la prassi dei nati comuni, di medio spessore, ma con la pretesa di esserci ed esistere dignitosamente. Erodere ogni italico legame diverrà la prassi di tutti e sarà tabula rasa. 
Allora tu veterano, non sottrarre vita, lavoro e fantasia a chi ti seguirà.
Se Neanche le basse pretese saranno immaginabili restando, verrà l’estinzione.
Adulti odierni che, seppur venuti su con, ai tempi, la fortuna di affiancarsi di eroi e modelli consoni, si son rifiutati di farsi, a loro volta, guida. Attenzione però, perché nessuno, nessun adulto, consapevolmente, con la possibilità di farsi vate, sceglierebbe di ignorare la vocazione. Infatti, l’odierna orrida situazione di assenza dei grandi, di chi dice, sprona ed ispira l’altro, non è certo dovuta ad un volere tramontato degli adulti: “Non voglio dare un maestro a chi verrà dopo”, ma al passato credere che la ricchezza intellettuale di cui prima si beneficiava fosse per sempre e che non occorreva trovare mezzi per trattenere chi la alimentava. Trattenere chi, ieri, era il pilastro della ricchezza di pensiero ed i talentuosi che lo sarebbero diventati un domani, doveva essere la prerogativa. Oggi chi è rimasto?
Quel dibattito utile, quel riflettere, quel contraddire costantemente, distruggere, ricostruire e ricominciare, era il progredire. Oggi è stagnazione, e domani sarà degradazione. I primi che notarono la grande fuga dei migliori hanno preferito ignorare cause ed intervento, credendo che, comunque, avrebbero sempre potuto cingere le tempie con la corona aurea e che il potere dell’immaginario era in tutti i semi italici, intriso in ogni nuova nascita (che erano molte di più allora), mai sarebbe emerso il potenziale del disastro. Errore grossolano e peccato di arroganza pensare che le capacità innate possano venire fuori senza stimolo. Privandoci dell’eccellenza nell’istruire, abbiamo lacune e queste espanderanno la tragedia italica in atto. 
Adulto, lo hai visto, lo senti il peso diverso del pensare, comparando il passato all’oggi. lo senti il divario incolmabile di pensiero e valore? 
Vorrei dire però, anzi ripetere, che il pregiudizio infondato del “passato migliore del presente” non è il mio tema; infatti, è incoerente perché è malata generalizzazione, ma questo spronare parla della situazione locale di una terra, l’Italia, una Penisola dove le generazioni hanno smesso di parlarsi e stanno divorandosi. Ormai sull’orlo di un conflitto distruttivo da loro mosso per capriccio, negligenza ed altro, non c’è più tempo. 
Ora che hai il paese nel palmo di una mano, adulto, capisci che gli anni del dopoguerra ti scorrevano con te poggiato al muro tranquillo, non potevi cadere. Oggi sai che non era scontata quella grandezza che, senza sacrificio costante da parte di tutti, non regge il flusso del tempo e non gli sopravvive. C’erano i grandi con te quella volta. Avevi maestri, quelli del male della distruzione della terra, della guerra infinita che avrebbero fatto di tutto per non sprofondare ancora, ma tu sei nato in pace e immerso nelle prospettive. Tuo figlio in Europa, oggi, è quasi sprovvisto di entrambe le cose. 
La bellezza di affiancarsi di un mentore vivente, toccarsi, parlarsi, sanguinare e rimproverarsi, ma proseguire insieme.
Se padri mangiano figli, per loro ignavia resi inermi, ad innocenti giovani sottraggono prodotto e linfa. Non può esistere unità in dialogo pacifico. Il divario si inabissa, cresce, divide. Una generazione senza measti è fragile, però spinta al limite, attenditi una reazione umana, di fuga rocambolesca o di risposta irrazionale, violenta a respingere anziani incuranti per restare a galla. Arriverai a questo?

Generazione senza maestri e chi dovrebbe essersi fatto mentore continua a tagliare fuori, a screditare, punire e frodare chi doveva e voleva essergli alunno. Chi è nato nei primi duemila in Penisola non ha un maestro, un punto di riferimento non gli è dato, e quel che c’è è rimasuglio di ciò che è stato, frammenti, piccoli bagliori di immensi innovatori ormai sepolti sotto la lapide, intelletti ormai anziani e lenti, corpi dei grandi ora decrepiti, rovistiamo tra resti umani per trovare un fulgido barlume di speranza oggi mancante.
Diventare adulti trascurando il dovere, senza dare spiegazioni ai figli del vecchio che va innovato, delle prospettive odierne, delle rinunce da fare, degli strumenti per sognare nuovi orizzonti, è esserlo? Un fattore di avanzamento del tempo, dell’età che preme sull’epidermide e scava il volto, basta a definirsi “adulti”?
In realtà, è proprio la volontà ferrea di accettare il dovere a differenziare i due stati umani, il figlio dal padre. L’accogliere, senza remore, le responsabilità incombenti in quanto pezzo del sociale da cui hai molto ricevuto e che ora chiede, da parte tua, un minimo sforzo, una rinuncia, per non disfarsi e morire. È ciò che ti fa Adulto, pensare ai bisogni del nuovo e dei suoi germogli che un giorno manderanno avanti la Tua Penisola.

Generazione senza maestri, lo abbiamo detto, nata così per negligenza dei padri, oggi adulti, nati in pace, del non preoccuparsi della fuga dei migliori, ma la mia è approssimazione, descrivo cause a grandi linee che trascurano tutti i dettagli che vanno operati ed integrati con dati reali, ma mi preme aggiungere un ultimo frammento, un’ultima causa al decadimento, attaccandomi ai risultati dimostrati da tutti facilmente consultabili e che tutti continuano, spudoratamente, ad ignorare.
Non vi è una scuola. Siamo tutti figli di un’arretratezza di un sistema datato e inadeguato. Niente nascita dei grandi, su cui si è poggiata la storia della Penisola sin dalle origini, senza una formazione al passo col mondo che li consacri. Generazione senza stelle e senza luce, se non c’è una Via Lattea italica in cui brillare conviene andarsene in altre galassie. Inetti adulti sono figli del classico frode, inetti giovani sono figli del classico frode e della mancanza di guida, ai prossimi si aggiungerà altro male fino a che sarà insostenibile l’esistenza del popolo e della civiltà che tanto osannate, e sarà l’estinzione. 
Primo obbligatorio passo? Un luogo di pensiero. Dammi un ambiente. Un’aula grande dove si impara il contemporaneo, non la tua visione romanizzata, ma i mezzi per viverci nel grigio del mondo e i mezzi scientifici per colorarlo. Una scuola dove si recitano poesie solo per chi vuole ascoltarle e magari, di fianco, un altro parla di cifre e grafici. Dammi una scuola vera coi maestri veri, che attiri la competenza da ogni straniera galassia e valorizzi la sua natìa. Dammi prima una scuola per darmi maestri, cancella i pilastri gentiliani decaduti, ma questo non il tema di oggi, rischiamo di divagare. Una lagnanza semplice. Un lamento frustrato nel dire che noi oggi non abbiamo quello che voi avete avuto: maestri, dibattitto, pensiero, rispetto e spazio. Possiamo imparare a meritarlo, ma con i grandi del pensiero che ci fanno da mentori sarà più semplice. Con tutte le colpe “giustamente” addossate a giovani inermi, possono mai essere più gravi di chi li ha preceduti e che ha peccato del non fornirgli eroi? I valori dei figli hanno sempre fatto parte del non fare, del non dire, e delle passate errate scelte dei progenitori. Perdonaci, ma concedeteci, almeno, il lamento, non prendetevi anche questo come vi siete presi i maestri.

“In Italia, gli Anziani, per mantenersi privilegi ormai insostenibili, stanno, giorno dopo giorno, divorandosi tutti gli altri. Gli adulti capaci sono in fuga da decenni, il resto è inetto. I nuovi arrivati sono in minoranza, disorientati, dissanguanti, senza scuola per imparare, senza spazio per esprimersi, senza eroi a cui ispirarsi, annichiliti, deboli vittime delle ideologie. Serve un accordo, serve convivere, serve rispettarsi. Due interi decenni di niente sono passati. Lo vuoi ancora un futuro?” 

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