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Ad Apleda, il cimitero degli infermi
V’era sporadico lume, impazzivano gli infermi,fatti santi del disfatto, devastati dal malanno,dacché su lugubre marmo,giaceva incolume e rovescia la croce. Violentavano streghe su roghi d’oppiacei,estirpavano fiori da lembi di ventri di morti infetti,deturpavan le pietre dei freddi letti in nome d’una vocazione,quella unica d’orrenda egoistica salvezza,prode ebbrezza v’è nello sterminio?
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Lingua Molestia
Termine molesto, censura morale di codesto incrinato corroso cantico,in crisi d’operato morboso dolore.
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V’ERA FERMATA
Non ho attimi, tempo di coltivo credo, non proseguo, arretro,maldetto fu ritmo Timeo,che lento, d’oblio m’infermo tetro,dacché son rapido d’interno al vetro.
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PRECARIA
Padre, io non muoio in precaria.Non voglio i miei organi pesanti dal cemento.Son nato io per servir chi ha, di lascito, delegata material ricchezza?Obbligato a non errare, che tal lecita è mai questa? Ti vidi smarrir il logico in favor dell’accredito,consumato dal bisogno di gioia del concreto,cosa che, impuro, è di natura destinato ad ogni



