PRECARIA

Padre, io non muoio in precaria.
Non voglio i miei organi pesanti dal cemento.
Son nato io per servir chi ha, di lascito, delegata material ricchezza?
Obbligato a non errare, che tal lecita è mai questa?


Ti vidi smarrir il logico in favor dell’accredito,

consumato dal bisogno di gioia del concreto,
cosa che, impuro, è di natura destinato ad ogni rettile e al suo operato,
allor come mai di te si fece scempio?


È anarchia di nome o libertà precaria?

Hai cari che s’aggiran, piangendo, a chieder come,
se di veleno d’aria marchiata fu la tua moria,
o se l’acciaio, cadendo, ti coprì lume.


Ed eri tu divenuto cifra di precario uso, null’altro,

se d’altro si parla che di tua mancata accortezza,
e invece furon carenti norme ad agir nel corpo al fin di dissanguarlo,
caduto per costretto impiego d’esigua contentezza.


Padre, io non muoio, come te, in precaria,

non voglio far parte del massacro, t’imploro.
Veder gli ultimi, mie persone, disprezzarsi, contendendosi il poco.


All’epoca del vetro, il non ambire è fallire e il cadere è condanna.

All’epoca del vetro, l’umile del mestiere non più ci salva,
ma che colpa ho io se il reale ha passioni che a me non s’aggregano?


Padre, io non muoio, come te, in precaria,

me se fatta anche sol ruvida e di gremita polvere l’aria.
Non c’è vita aldilà dell’ineguale, in ultimi non van cure,
s’insinuano mortali forzature,
apolidi torture
e paure di mal sociali misure.


Giuro mio se m’odi ho cuore,

arbitrio destinato all’immenso d’un altrove.
Non lo merito il precario, sol per disistima di mie origini imparziali.
Privo di te, ora, se resto, coi mesi, andrò alla lapide senz’ali.


Ho paura del prosieguo

or unico nutrirsi è privilegio
e per quanto mi sforzi, padre, io non m’adeguo,
così ho io deciso per asfissia solitaria
perché ho terrore di svanir come te, in precaria.

Ivan il Terribile e suo figlio Ivan il 16 novembre 1581 di Il’ja Efimovič Repin (1870)

2 risposte a “PRECARIA”

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